La Fanciulla e la Regina: intervista a Francesca Patanè
Incontro Francesca Patanè a Roma, in occasione di una Masterclass tenuta per l'Accademia Romana dell'Opera.
Puntuale, bellissima, elegante, in grande forma fisica. L'esatto contrario del vecchio stereotipo che voleva la voce dei soprani drammatici dentro un corpo abbondante e in sovrappeso.
D'altro canto la bellezza è stata ed è un tratto che ha caratterizzato la sua vita professionale. Agli inizi, che la vedono modella a New York, fino alla "scandalosa" Salomè al teatro dell'Opera di Roma, nel 2007 con la Regia di Albertazzi.
Torneremo più avanti in argomento.
Signora Patanè, lei è qui a Roma per una Masterclass. Da quanto tempo si dedica all' insegnamento?
Con continuità, da poco. Fino ad oggi l'ho fatto a sprazzi e nel tempo libero. Adesso però insieme a mio marito Marco Chingari ho intenzione di aprire una Accademia di canto a Lugano. C'è già il primo appuntamento: dal 16 al 22 Giugno con una Masterclass di tecnica e interpretazione dell'Opera lirica.
Cosa l'ha spinta a pensare a questo progetto?
La volontà di trasmettere l'esperienza di tanti anni di studio e di carriera che mi hanno portato a capire immediatamente se una persona è cosciente o no di come canta. Molte persone hanno un'idea del canto molto vaga.
Dopo questa prima analisi si può costruire un percorso di studi, specifico per ognuno, che consenta di mettere a frutto tutto il proprio potenziale.
Quali sono gli elementi fondamentali del suo metodo d'insegnamento?
Posso riassumerli così:
- La ricerca del punto focale della voce
- La corrispondenza con l'Io interiore
- "Mens sana in corpore sano"
Il punto focale della voce è lì dove il suono è più pulito e le corde di adducono in modo perfetto. Il lavoro di ricerca del punto focale va condotto soprattutto nei suoni bassi e centrali, non sugli acuti. Questo punto è localizzato tra palato e lingua come quando si pronuncia la lettera "i" o "gna".
L'importante è capire che esiste un solo punto focale dove vanno messi tutti i suoni. Compito dell'insegnante è aiutare l'allievo a trovarlo.
Per me è molto importante questo concetto: mi sono sempre chiesta infatti perchè mai i cantanti non debbano sapere esattamente dove indirizzare il suono.
Se studi il pianoforte sai dove mettere le mani. Dunque dare questa sicurezza è già un importante elemento di stabilità per il cantante.
Quando un suono vibra liberamente, senza costrizioni, senza fatica, ci si può dedicare alla ricerca dell' Io interiore, vocalmente parlando.
Quindi la libertà del suono è una condizione fondamentale per poter esprimere il proprio Io: cioè trovare il suono giusto aiuta a trovare l' equilibrio, l'equilibrio ti consente di cantare bene, il cantare bene ti aiuta a trovare il suono giusto. Se sei in equilibrio, non hai costrizioni e non hai nessun limite. Puoi aprire la tua anima e tutta la tua espressione senza ostacoli. Al contrario se hai delle costrizioni o fai fatica sei vincolato, limitato. Tutto questo va accompagnato da onestà intellettuale: bisogna essere pronti ad accettare la propria voce onestamente, senza avere modelli ideali o prestabiliti.
Insomma: un percorso di autocoscienza profondo.
In sintesi dunque l'obiettivo dello studiare canto è trovare un equilibrio perfetto tra tecnica e personalità: bisogna sentirsi in armonia sia con il proprio corpo che che con la propria persona nella sua interezza.
Da qui nasce anche il terzo punto: "Mens sana in corpore sana"
Per cantar bene bisogna anche essere in salute. Tutta la ricerca di cui abbiamo parlato prima è incompleta se non si cura il corpo. I cantanti a volte pensano che tutto si riduca alla respirazione. Nell'Accademia che ho in mente ci sono invece anche strutture dove allenarsi e praticare nuoto, corsa e altri sport. Ormai è noto a tutti che l'attività fisica fa bene. E in un"mestiere" faticoso come quello del cantante essere in forma è essenziale. A questo bisogna aggiungere la cura dell'alimentazione. Anche questo è un elemento di "studio" nel mio metodo d'Insegnamento.
Secondo lei è giusto che l'allievo "valuti" il proprio maestro?
Si, certamente. In questo senso: ci deve essere corrispondenza tra quello che suggerisce l'insegnante e quello che sente l'allievo. Se l'allievo prova disagio nella vocalità in cui sta studiando, o non sente vicini a sè il repertorio o il carattere dei personaggi che gli vengono proposti allora c'è qualcosa che non va.
Io stessa sono la testimonianza di errori commessi dagli insegnanti: ho sofferto molto prima di trovare la mia giusta personalità vocale e ho avuto un rapporto tormentato con lo studio; sono stata indirizzata male dal principio e ho perso per ben due volte la voce per l'insegnamento sbagliato...
Può raccontare questi inizi difficili? E' un problema comune e sarà un conforto per molti sapere come Francesca Patanè ha risolto i suoi problemi vocali.
Avendo facilità su acuti e sopracuti - anche grazie alla giovane età - mi hanno fatto studiare da Soprano leggero: questo è stato un grave errore perchè non ho le corde per questo tipo di vocalità. In più anche la tecnica era sbagliata, completamente fuori equilibrio, tutta in avanti.
Questo avveniva alla Manhattan School of Music di New York!
Sono entrata con una impostazione naturale e sono uscita che non capivo più nulla.
Sono passati anni prima che mi riavvicinassi al canto. Ho dato tempo alla gola di riprendersi, ho ricominciato a studiare e mi sono presentata al Concorso verdiano a Busseto, sempre come Soprano Lirico Leggero.
C'è qualcuno che l'ha aiutata ?
Si, la dottoressa Berioli, foniatra. Le devo molto.
Quando andai da lei disperata perche un giorno cantavo e due giorni non avevo più voce lei mi spiegò che le mie corde erano ipotese. A forza di tirarle avevano perso elasticità, dato che le mie corde sono quasi da baritono.
Io cantavo Gilda, lei mi suggerì Turandot. Mi disse di fare una pausa di sei mesi, ricominciare da capo e sviluppare la zona centro-bassa perchè la mia corda doveva irrobustirsi, riprendere elasticità, ricominciare col fiato per trovare quelle note. Da lì ripartire con un altro repertorio.
Lei mi ha dato la conferma di quello che io dentro di me già sapevo. Non ho mai amato cantare da soprano leggero, mi sono sempre piaciuti i ruoli forti, drammatici.
Come è arrivata a diventare un lirico spinto? Come è proseguito il suo percorso?
Il percorso è durato degli anni. Ho avuto questa "rivelazione" a 28 anni, poi ho iniziato la carriera con Adriana Lecouvreur a Torino, cambiando repertorio a 33 anni. E' stato un percorso lento anche perchè la muscolatura deve abituarsi a rilassarsi: ero contratta, avevo chiuso la gola. Avevo probabilmente fatto dei danni che hanno richiesto del tempo per correggersi. Anche i muscoli hanno una "memoria", per togliere questa memoria bisogna avere molta pazienza.
E' molto più semplice impostare una persona che non ha mai cantato piuttosto che distruggere e ricostruire una voce.
Esattamente.
Quindi alla fine ha debuttato come lirico spinto a Torino con Adriana Lecouvreur diretta da Oren
Da lì la mia carriera, ma anche la mia voce, è migliorata e la gola si è allargata sempre più. Comunque lo studio è continuo, bisogna sempre "aggiornarsi" con il proprio corpo. Il corpo, che è poi il nostro strumento, cambia in continuazione, è per questo chesi dice, a ragione, che non si finisce mai di studiare canto.
Il concetto base è lo stesso, quello che cambia è il proprio corpo. Non dimentichiamoci che la voce è una questione ormonale.
Lei ha citato la Turandot, lei 'è' Turandot. Quante ne ha fatte?
Tantissime, più di trecento.
...E tutte di successo! Il pubblico e gli addetti ai lavori ormai la riconoscono in questo ruolo. Come si fa a trovare la motivazione per essere Turandot trecento volte?
Turandot è un personaggio particolare, all'inizio non mi piaceva per nulla. A 34 anni feci l'audizione per il ruolo di Liù; mi venne offerto il ruolo di Turandot. Ne rimasi incredula perchè pensavo di non esserne all'altezza. Alla fine accettai e da lì ne seguirono tante altre...
Ogni volta è sempre diversa: il personaggio è sempre lo stesso, ma sei tu che cambi - come dicevamo prima - sei tu che aggiungi sempre qualcosa in più.
Le assicuro che è sempre la prima volta.
Turandot non è l'unico personaggio che le appartiene. Un altro personaggio che sente profondamente suo e aderente alla sua personalità vocale?
La Fanciulla del West credo sia l'opera scritta a pennello su di me. L'ho fatta all'estero, ma mai in Italia. In Germania sono stata premiata al debutto come miglior cantante dell'anno con Fanciulla del West. In Danimarca è stata la miglior produzione dell'anno.
Un ruolo che ha un grosso peso nella sua vita artistica.
Si, mi piace tantissimo. Però in ordine di importanza nella mia carriera c'è prima lady Macbeth.
Perchè ha avuto così importanza nella sua carriera?
Lady Macbeth è stato il secondo personaggio che ho più cantato dopo Turandot. L'ho cantata molte volte anche in Italia; il debutto è stato all'Opera di Roma.
Tutti personaggi coinvolgenti, vincenti. Ha nominato l'Opera di Roma; non posso non chiederle qualcosa anche sulla Salomè.
E' stata un'edizione inconsueta con una regia molto particolare, quella di Giorgio Albetazzi.
Oltre tutto quello che è già stato scritto e detto su questa edizione dell'opera di Strauss, ricordiamo che Albertazzi fu contestato dal pubblico mentre al cast vocale fu tributata un'ovazione, vorrei sapere come l'ha vissuta lei dall'interno.
Io l'ho vissuta in modo molto sereno, anche perchè ho insistito io per farla, ci tenevo molto. Sono stata la prima Salomè italiana ad aver cantato in lingua originale. L'avevo già debuttata in Germania con un grande direttore d'orchestra Straussiano Stefan Soltesz, con il quale debuttai anche la Fanciulla del West. Quando lui mi propose di fare la Salome, la mia reazione fu la stessa di quando mi proposero la Turandot o Lady Macbeth.
Io adoravo il personaggio; è un ruolo che dà una grandissima soddisfazione ad una cantante perchè sei la protagonista della serata.
Credo che la principale causa di critica alla regia fu dovuta al fatto che prima dell'opera Giorgio Albertazzi aveva inserito venti minuti di dialogo tra Salome, Erodiade e Erode.
Lo scandalo fu che alla fine di queste battute, l'attrice (Maruska Albertazzi) si denudava completamente, spariva dietro il palco e iniziava l'opera. Questo fece molto scandalo.
Le è piaciuta la produzione?
Si, i costumi e le scene erano molto belle. Musicalmente era interpretata benissimo anche se abbiamo avuto dei problemi dato che il direttore d'orchestra si è sentito male e fino all'ultimo non sapevamo chi venisse al suo posto. Ci siamo lanciati in questa avventura che si è trasformata in trionfo.
Vorrei chiederle una cosa riguardo la sua famiglia: cosa significa essere figlia di Giuseppe Patanè e nipote di Franco Patanè. Le è stato d'aiuto? Che atmosfera si respirava a casa sua?
Un'atmosfera fantastica. A casa mia sono passati tutti i più grandi, da Di Stefano a Del Monaco, tutti amici di mio padre e di mio nonno. Ho vissuto l'epoca d'oro del teatro lirico. Parliamo degli anni 60-70-80.
Chi l'ha spinta allo studio del canto? Perchè proprio cantante?
Nessuno, da piccola cantavo tutto. Quando tornavo a casa da Teatro mi mettevo le cose di mia madre, mi mettevo a improvvisare, imitavo tutti. Ero la disperazione di mia madre.
Sua madre era cantante?
Si. Ha cantato quando era incinta di me fino a otto mesi. possiamo dire che ho debuttato prima di nascere.
Lei ha smesso abbastanza presto, quando è nata mia sorella. Comunque mi portavano sempre a Teatro, poi tornavo a casa e cantavo tutte le parti.
La voglia di cantare, di diventare cantante è arrivata molto più tardi, quando avevo 16 anni.
Avrei voluto fare la regista. Mio padre mi diede la possibilità di fare da aiuto regista e interprete per il regista tedesco per il Lohengrin a Trieste e a Roma. Un giorno Maria Chiara arrivò tardi alle prove e il regista mi diede la parte di Elsa. Lì capii che volevo studiare canto. I miei non ne furono molto contenti...però ormai sappiamo com'è andata...
Potrebbe dirmi due nomi di grandi cantanti del passato, due esempi a cui fare riferimento:
Secondo il mio gusto personale, per come cantavano, senza guardare l'aspetto tecnico, mi piacciono da morire il primo Di Stefano e il primo Carreras. Siepi come basso.
Per quanto riguarda le donne ovviamente non posso non nominare la Callas dei primi tempi, era quasi perfetta! Poi Ghena Dimitrova.
Lei trasmette una energia incredibile! Dopo tanti anni di carriera l'entusiasmo si legge nel suo volto e nelle sue parola.
Senza entusiasmo e passione questo lavoro non si può fare. E' un lavoro duro che richiede tanta pazienza, tanta passione e proprio tantissimo entusiasmo.
L'entusiasmo della Fanciulla, la forza e la passione della Regina.
Grazie a Francesca Patanè!