Le interviste
Intervista a Fiorenza Cossotto
venerdì 26
ago
2011
Dal libro "Come Canti? Scopri la tua voce" di Antonella Neri ed. Ut Orpheus
Il solo nome di Fiorenza Cossotto evoca il repertorio lirico più importante, i palcoscenici più illustri, le più prestigiose compagnie di canto, i più grandi direttori d'orchestra.
Della sua arte si sa tutto: parlano le numerosissime testimonianze, a cominciare dalle incisioni e dalle riprese dal vivo, ove al meglio si possono apprezzare, oltre la splendida voce, la vocalità, il temperamento, la gestualità, la teatralità, tutte doti che hanno fatto entrare di diritto Fiorenza Cossotto nel ristretto novero dei più grandi mezzosoprani di tutti i tempi. Senza contare che ancora oggi la Signora Cossotto continua ad esibirsi sorretta da un inesauribile entusiasmo.
Non le chiederò quindi se ha amato di più il ruolo di Amneris o di Azucena, di Adalgisa o della donizettiana Leonora, né se si sia trovata più a suo agio sotto la direzione di Gavazzeni, piuttosto che di Serafin o di Von Karajan.
Credo inoltre di essere in sintonia con lo spirito e “la linea” con cui si è disegnato nel tempo il profilo di www.cantarelopera.com, (nato nel 2003 e cresciuto con lo sguardo sempre rivolto alla formazione di qualità), chiedendo a Fiorenza Cossotto di ripercorrere, fin dall'inizio, le tappe che hanno segnato il cammino della Fiorenza ragazza, studentessa al Conservatorio di Torino e poi alla Scuola di perfezionamento della Scala di Milano, fino a diventare la grande cantante che tutti conoscono.
Quando ha scoperto di voler cantare? Chi l'ha indirizzata alla musica? Quanto tempo dedicava allo studio? Come studiava? Con quali vocalizzi si esercitava? Aveva delle note nella propria tessitura che ha dovuto curare in modo speciale?
Domande che di certo appassioneranno i frequentatori e i lettori di www.cantarelopera.com e di tutti coloro che dedicano o hanno dedicato parte del loro tempo al canto.
Ma cominciamo.
Signora Cossotto, nel 2007 ha festeggiato 50 anni di carriera: il suo esordio sulle scene è del 1957 alla Scala di Milano alla prima de “I dialoghi delle Carmelitane” di Poulenc. Ricorda quel giorno?
Lo ricordo benissimo anche perché era una prima mondiale, con una compagnia di grandi cantanti (Scipio Colombo – Il marchese de la Force, Nicola Filacuridi – il Cavaliere de la Force, Virginia Zeani - Blanche de la Force, Armando Manelli - Thierry, Gianna Pederzini - Madame de Croissy, Eugenia Ratti - Constance , Gigliola Frazzoni - Madre Maria , Carlo Gasperini - M. Javelinot, Leyla Gencer - Madame Lidoine, Vittoria Palombini - Madre Jeanne, , Fiorenza Cossotto, - Sorella Mathilde, Alvino Manelli – Padre confessore del convento, direttore Nino Sanzogno, regista Margherita Wellmann n.d.r.) e io ero alle prime armi: venivo dal Conservatorio di Torino diplomata da meno di un anno. Trovarmi accanto a dei nomi come Gigliola Frazzoni, Virginia Zeani , e specialmente Gianna Pederzini per me che cominciavo … Le guardavo con grandi occhi cercando di imparare, carpire, ”rubare” qualcosa dalla loro arte...(eh si, in questo senso nella nostra arte “rubare” dai grandi cantanti è un po' come studiare, è stata una scuola anche questa). Alle prime prove di sala ero attentissima e tutto è andato bene.
E poi è andata benissimo anche la prova col maestro Sanzogno che dirigeva l'Opera.
Io facevo una piccola parte, il mio ruolo consisteva in una sola frase: interpretavo una suora (sorella Mathilde n.d.r.). Dicevo: “ HANNO SUONATO ALLA PORTA DELLA LAVANDERIA”. E mi ricordo che la regista Margherita Wallmann mi aveva messo un po' dappertutto perché ero giovane, scattante e piena di vita nonostante avessi una sì piccola parte. Mi sembrava di aver cantato tanto...
C’era anche Poulenc alla prima! A noi sembrava un fatto normale, ma a ripensarci oggi...!
Mi chiamava “la mia piccola suor Matilde”.
Ci ha pensato il 26 gennaio dello scorso anno, cinquant'anni dopo?
No, perchè non ho ancora smesso di cantare. Per me non è ancora il tempo delle commemorazioni, anche se in Giappone mi hanno festeggiato in un modo incredibilmente caloroso! Fino a che il Padre Eterno mi dà la voce e la forza per cantare vado avanti per chi crede ancora in me e vuole ascoltarmi e quindi non penso al passato.
A che età ha cominciato a studiare canto? E' stato un suo desiderio o vi è stata indirizzata?
Sono stata indirizzata. Poiché riuscivo molto bene nella pittura e nel disegno i miei genitori volevano farmi fare il liceo artistico. Ma il mio insegnante di canto corale (che all'epoca era tra le materie scolastiche) mi faceva sempre cantare le parti solistiche. Un giorno mandò a chiamare mio padre e gli consigliò di farmi continuare nello studio del canto perché diceva che avevo una voce assolutamente da curare … e quindi ho cominciato a 15 anni.
Quando ha capito di possedere una voce “importante? Chi ha scoperto il suo talento?
Sono andata per gradi … non pensavo se avessi più o meno talento. Sono andata a scuola di canto perché mi piaceva, poi sono stata affascinata fin dalle prime lezioni e mano a mano mi sono appassionata sempre più, anche alla Musica in generale, non solo al canto.
Chi è stata la sua insegnante a Torino?
Ho fatto l'esame di ammissione al Conservatorio, che era a numero chiuso, i posti erano pochi. Nella graduatoria sono risultata una delle prime.Mi hanno quindi affidato a Paola della Torre, che è stata la mia prima insegnante: con lei ho studiato 5 anni.
Come si studiava allora in Conservatorio?
Si facevano due ore alla settimana di lezione tra esercizi e arie.
Ho studiato molti Lieder e soprattutto moltissime arie antiche: per cinque anni ho cantato solo arie antiche.
Per cinque anni in Conservatorio non ha mai avvicinato l'Opera?
No! Mi sono accostata all'Opera solo dopo, quando ho fatto un concorso alla Scala e nella circostanza mi hanno invitata a studiare una parte.
Ricorda cosa ha cantato all'esame di Diploma?
No, ma ricordo l’aria dell'esame di ammissione: era il “Libro santo” (romanza per canto e pianoforte di Ciro Pinsuti su poesia di Carmelo Errico n.d.r.) che una volta i compositori scrivevano per le nobildonne come dedica e che avevo già cantato alla festa del mio paese.
Era l'unico pezzo che conoscevo...
Da Torino è poi andata a studiare a Milano: com'è avvenuto questo, cioè chi l'ha consigliata di andare alla scuola di Perfezionamento della Scala?
Prima di andare a Milano sono stata a Vercelli per qualche mese per studiare al “Viotti”.
A Vercelli mi ha sentita il maestro Campogalliani, che era anche insegnante della Scala. E' lui che mi ha consigliato di fare l’audizione per la Scuola di Perfezionamento della Scala perché riteneva che fossi pronta e preparata anche musicalmente. E' stato lui stesso a iscrvermi all'audizione e sono stata presa subito.
Un ricordo del maestro Campogalliani: Cos'è, oltre naturalmente la preparazione e la competenza, che faceva di lui un insegnante così speciale?
Insegnava l’interpretazione delle Opere nel senso più completo del termine, quello che faccio io adesso nei miei corsi. Ti faceva “entrare” nel personaggio. Lavorava con pazienza e meticolosità … Per l'audizione mi ha insegnato l'aria di Azucena dal Trovatore “Condotta all'ara in ceppi” e l'aria dal “Sansone e Dalila”. E così ho vinto il concorso per entrare alla Scuola.
Il primo vocalizzo quando iniziava la lezione.
I vocalizzi non me li faceva fare, li facevo io da sola.
E che vocalizzi faceva?
Facevo la scala di settima, di nona, non c'era un vocalizzo in particolare. Tra l’altro io sono del parere che ogni allievo debba crearsi un esercizio di vocalizzo apposta per lui. Non importa quale vocalizzo si esegua ma come si esegue. Tutti i vocalizzi possono essere validi, inutili o addirittura dannosi.
Ci faccia un esempio pratico.
Se un cantante stringe troppo un suono deve fare una vocale aperta e viceversa … quindi curare le proprie problematiche.
Ritiene sia stato fondamentale essere stata ben guidata oppure crede che una voce “prepotente” come la sua si sarebbe comunque imposta?
Non saprei.. posso dirle che la mia prima maestra era molto prudente, non mi faceva andare mai più su di una certa nota perché ero giovane e voleva preservare la mia voce. E devo dire che è stato un bene.
Forse per questo è facile oggi imbattersi in cantanti promettenti che si bruciano in pochi anni perché cioè chiamati a ruoli importanti troppo presto…lei ha fatto la "gavetta" nonostante fosse pronta.
Quattro - cinque anni di Piccola Scala, di opere barocche…di piccole cose. Studiavo ed ero contenta anche così , non ho neanche preteso poi tanto: a me bastava stare in mezzo alla Musica.
Gli studi scientifici che si sono condotti in particolare negli ultimi vent'anni sulla voce e sulle strutture che concorrono all'emissione del suono hanno fatto sì che gli insegnanti più moderni si esprimano oggi in maniera differente rispetto al passato.
Eppure quando lessi per la prima volta, pochi anni fa, il trattato di Antonio Garcia mi sembrò sorprendentemente attuale e lo è ancora oggi.
Possiamo fare qualche breve esempio di come si spiegavano alcuni aspetti fondamentali del canto?
Ad esempio: la respirazione e il diaframma.
Io sono una persona d’istinto e sono semplice nelle mie considerazioni : per me da quando esiste il canto esiste solo un modo di cantare ed uno solo di correggere la voce.
Io non so se chi canta debba pensare alla laringe, ai risuonatori ecc..secondo me bisogna pensare meno ed essere più naturali possibile, quindi bisogna semplificare.
La mia maestra neanche mi diceva come respirare, diceva solo di respirare con naturalezza che tutto sarebbe andato bene! Puoi avere anche molte conoscenze scientifiche ma se cominci ad irrigidirti, il fiato non esce.
C'è anche una grande componente di tranquillità e naturalezza che ti dà sicurezza nell'esibizione.
Quindi era tutto basato sulla scoperta della voce naturale: il tanto temuto “passaggio” non si studiava?
Io ho dei passaggi ai quali dopo 50 anni ancora penso... perché il passaggio è la difficoltà assoluta della voce… bisogna continuare a curarlo sempre finchè si canta.
E gli acuti?
Non mi sono mai costati fatica, ce li avevo per natura! Infatti potevo cantare anche da soprano e l’ho anche fatto.
Ma avendo cominciato come mezzo soprano mi sono affezionata ai miei ruoli e poi non ho avuto più nessuna velleità di cantare quelli da soprano.
Riceviamo moltissime lettere di ragazzi che non trovano una guida cui affidarsi, disorientati e spesso scoraggiati.
Secondo lei quanto conta avere un bravo insegnante?
L'insegnante deve essere come il medico: ogni cantante ha il suo male... deve essere intuitivo e capire l' allievo: quindi l’intuizione è la dote più importante.
Mi scusi la digressione nella mia esperienza di studio, ma mi è venuto in mente che il mio Insegnante di Pianoforte, Carlo Bruno, diceva anche che i medici più bravi sono quelli che curano i malati più gravi...
Un'altra domanda che spesso ci viene posta: se sia possibile studiare “da soli”.
No, perché da soli non si riesce a capire il difetto delle propria emissione… si continua a cantare secondo la propria inclinazione. L’insegnante è lo SPECCHIO dei difetti (ma anche dei pregi) dell'allievo! E' uno strumento che ti consente di ascoltarti con orecchie esperte che, da studente, non puoi ancora avere!
Torniamo a Fiorenza studentessa di canto. Giacomo Lauri Volpi nei suoi scritti* ha sostenuto che tutte le voci hanno UNA nota particolare, ostica, diversa dalle altre: è d'accordo?
Nella tessitura della sua voce, molto ampia ed estesa, qual è stata la zona in cui ha dovuto lavorare di più?
Quella nota è la nota di passaggio di registro, certo.
Nella gamma della mia voce ho dovuto lavorare dal medio all’acuto che per noi mezzo soprani è la più difficile da curare e studiare.
Torniamo a Fiorenza allieva della Scuola della Scala. Cos'è avvenuto quando ha finito il corso?
Appena finita la scuola avevano bisogno del doppio di Fidalma de “Il matrimonio segreto” di Cimarosa. ho studiato la parte con un maestro della Scala e sono partita subito (erano trascorsi appena 15 giorni dall'audizione per entrare alla scuola) per il Sud Africa, non avevo ancora vent'anni.
Quando siamo tornati la scuola della Scala era chiusa per mancanza di sovvenzioni e quindi i tre migliori (tra cui me) siamo stati presi in teatro per le piccole parti, per i doppi...
Quando e come ha capito di essere padrona della sua voce e di poter cominciare ad affrontare ruoli importanti?
In verità: mai!
Per me la voce era una cosa naturale e quindi cantavo con semplicità per la gioia di cantare.
Non ho mai fatto questa considerazione. Forse era destino, forse lo meritavo...
Ringrazio Dio per il dono del la voce che ho saputo far fruttare grazie allo studio. Ho studiato tanto...
Che ricordo ha di quel periodo, quando cantava da comprimaria, come si sentiva: impaziente, fiduciosa, sentiva che prima o poi sarebbe arrivato il “Grande Giorno”?
Non ci pensavo, ero contenta così.
Quando ha capito che avrebbe potuto intraprendere una carriera importante?
Quando mi hanno preso subito alla Gande Scala affidandomi il “Musico” della Manon Lescaut, il direttore era Gavazzeni e nel cast c'erano Clara Petrella e Giuseppe Di Stefano, si immagini ero un po’....mi sentivo come un pesce fuor d’acqua pero’ ero contenta di cantare quella piccola parte che a me sembrava una grande cosa: amavo la musica qualunque cosa facessi.
Quella carriera che l'avrebbe portata da lì a poco ad inaugurare la stagione della Scala di Milano nel ruolo di Azucena ne "Il Trovatore" accanto a Franco Corelli, Ettore Bastianini, e Antonietta Stella: ed è stato quello il momento più importante, vero?
Certo.
Secondo lei da cosa è dipeso una così alta concentrazione di belle voci e di grandi cantanti in quegli anni: una stagione d'oro mai più tornata e forse irripetibile?
E poi, erano quasi tutte voci italiane!
Credo dal modo di studiare e dal fatto che in Italia si prediligessero le belle voci naturali che magari però avevano bisogno di essere educate. Oggi non c'è più una vera cultura del melodramma in Italia, si preferiscono voci meno importanti ma più preparate, forse per la fretta di cui sopra...
Come definirebbe la sua voce?
Non saprei. Io amo la mia voce perché mi ha dato tante soddisfazioni…se dovessi usare un aggettivo la definirei “FLESSIBILE E DUTTILE”. Andavo sugli acuti come sulle note gravi cantavo le parti dolci come l’Adalgisa nella Norma e poi potevo dilettarmi anche in parti verdiane di grande drammaticità. Riuscivo a realizzare tutte le sfumature della voce, grazie anche allo studio che è stato il mio modo di rispettare e di ringraziare Dio per il dono di natura che ho ricevuto.
Le principali caratteristiche dell'interprete?
È una cosa che si sente istintivamente .. io dovevo essere convinta del ruolo per poterlo interpretare altrimenti mi irrigidivo e non lo cantavo…dovevo essere in simbiosi coi miei personaggi.
Quale autore ha sentito più “in sintonia” col suo temperamento musicale e con la sua vocalità?
Sono tanti perché ho cantato con successo tanti autori …Sicuramente Verdi su tutti: Amneris (personaggio dell'Aida n.d.r.) e Azucena (de "Il Trovatore" n.d.r.) mi hanno dato moltissime soddisfazioni.
E qual è il ruolo che ha reso più “felice” la sua voce, cioè quello in si è espressa vocalmente al meglio?
Oltre alle già citate Amneris e Azucena anche Leonora nella Favorita: lì la mia voce si sentiva, come ha detto lei, felice.
Conosciamo un po' anche la “donna” Fiorenza Cossotto.
Lei ha condiviso per tanti anni vita e professione con il basso Ivo Vinco: cosa significa per una cantante stare insieme ad una persona sia nel privato che sulla Scena ?
Non è poi così facile perché i problemi dell’uno diventano anche dell’altro: si soffre e si gioisce due volte.
Non è facile ma bello perché stare vicino ad una persona che ti capisce artisticamente è già una grande cosa.
C'è stata mai “competizione” tra di voi?
No, perché cantavamo ovviamente ruoli differenti.
Non essendo nel suo cuore non posso saperlo fino in fondo … per quel che mi riguarda: no.
Lei è anche mamma, ha avuto un figlio. Ha scelto il momento per averlo o ha lasciato fare al destino?
Assolutamente ha deciso il destino.
Secondo lei avere un figlio e arricchisce la donna ma ostacola la carriera?
Arricchisce sicuramente, e molto, ma non solo la donna, anche l’artista!
Chiudiamo questa nostra lunga chiacchierata parlando di Fiorenza Cossotto insegnante.
Lei è uno dei nomi più prestigiosi che prenderà parte a New Opera Ischia 2009.
Le piace insegnare?
Si, molto: mi affascina.
Come trova gli allievi cantanti di oggi: si sente dire spesso che non sono disposti a sacrifici e a studiare per lungo tempo e minuziosamente come si faceva una volta, Qual è la sua esperienza in questo senso?
Quelli che non fanno sacrifici, sono coloro che non avranno una carriera lunga...
Come giudica il progetto di New Opera Ischia, una vera e propria “facoltà” di Opera lirica che dà la possibilità di venire a contatto con grandi personalità della Lirica internazionale?
La trovo un'iniziativa bellissima ed entusiasmante: dovrebbero essercene tante come questa!. Molta gente studia solo nei Conservatori (dove sappiamo che non si impara poi mica tanto..). lL Conservatorio è solo un punto di partenza. Ma dopo: che succede? Dove fanno il perfezionamento, master con cantanti che hanno vissuto e conoscono la vera realtà del teatro? A New Opera Ischia questo è possibile: quindi una splendida iniziativa che giudico indispensabile per chi vuol fare davvero il cantante.
* Giacomo Lauri Volpi “Voci Parallele” - Bongiovanni editore Bologna
I ringraziamenti a Fiorenza Cossotto non sono di prassi ma profondamente sentiti: aver accettato di rispondere a tante domande , la disponibilità, la cortesia e la schiettezza con cui l'ha fatto, rendono questa intervista unica e preziosa.
Non solo per il prestigio che conferisce a www.cantarelopera.com ma per le emozioni che di sicuro proverà chi leggerà le sue parole, così come è successo a me: grazie a lei ho sognato di vivere (lei che invece l'ha vissuta davvero), l'atmosfera di stare accanto a Corelli, Di Stefano, Leyla Gencer, Clara Petrella, di essere diretta da Gavazzeni, di vedere Poulenc assistere ad una prima esecuzione assoluta, di aver fatto lezione con il M° Campogalliani...
Personalmente poi averla conosciuta è un grande onore, oltre che un' esperienza felice.
Ringrazio di cuore anche Salvatore Iacono che mi ha messo in contatto con la Signora Cossotto.
Antonella Neri
© Ut Orpheus - Riproduzione riservata
Il solo nome di Fiorenza Cossotto evoca il repertorio lirico più importante, i palcoscenici più illustri, le più prestigiose compagnie di canto, i più grandi direttori d'orchestra.
Della sua arte si sa tutto: parlano le numerosissime testimonianze, a cominciare dalle incisioni e dalle riprese dal vivo, ove al meglio si possono apprezzare, oltre la splendida voce, la vocalità, il temperamento, la gestualità, la teatralità, tutte doti che hanno fatto entrare di diritto Fiorenza Cossotto nel ristretto novero dei più grandi mezzosoprani di tutti i tempi. Senza contare che ancora oggi la Signora Cossotto continua ad esibirsi sorretta da un inesauribile entusiasmo.
Non le chiederò quindi se ha amato di più il ruolo di Amneris o di Azucena, di Adalgisa o della donizettiana Leonora, né se si sia trovata più a suo agio sotto la direzione di Gavazzeni, piuttosto che di Serafin o di Von Karajan.
Credo inoltre di essere in sintonia con lo spirito e “la linea” con cui si è disegnato nel tempo il profilo di www.cantarelopera.com, (nato nel 2003 e cresciuto con lo sguardo sempre rivolto alla formazione di qualità), chiedendo a Fiorenza Cossotto di ripercorrere, fin dall'inizio, le tappe che hanno segnato il cammino della Fiorenza ragazza, studentessa al Conservatorio di Torino e poi alla Scuola di perfezionamento della Scala di Milano, fino a diventare la grande cantante che tutti conoscono.
Quando ha scoperto di voler cantare? Chi l'ha indirizzata alla musica? Quanto tempo dedicava allo studio? Come studiava? Con quali vocalizzi si esercitava? Aveva delle note nella propria tessitura che ha dovuto curare in modo speciale?
Domande che di certo appassioneranno i frequentatori e i lettori di www.cantarelopera.com e di tutti coloro che dedicano o hanno dedicato parte del loro tempo al canto.
Ma cominciamo.
Signora Cossotto, nel 2007 ha festeggiato 50 anni di carriera: il suo esordio sulle scene è del 1957 alla Scala di Milano alla prima de “I dialoghi delle Carmelitane” di Poulenc. Ricorda quel giorno?
Lo ricordo benissimo anche perché era una prima mondiale, con una compagnia di grandi cantanti (Scipio Colombo – Il marchese de la Force, Nicola Filacuridi – il Cavaliere de la Force, Virginia Zeani - Blanche de la Force, Armando Manelli - Thierry, Gianna Pederzini - Madame de Croissy, Eugenia Ratti - Constance , Gigliola Frazzoni - Madre Maria , Carlo Gasperini - M. Javelinot, Leyla Gencer - Madame Lidoine, Vittoria Palombini - Madre Jeanne, , Fiorenza Cossotto, - Sorella Mathilde, Alvino Manelli – Padre confessore del convento, direttore Nino Sanzogno, regista Margherita Wellmann n.d.r.) e io ero alle prime armi: venivo dal Conservatorio di Torino diplomata da meno di un anno. Trovarmi accanto a dei nomi come Gigliola Frazzoni, Virginia Zeani , e specialmente Gianna Pederzini per me che cominciavo … Le guardavo con grandi occhi cercando di imparare, carpire, ”rubare” qualcosa dalla loro arte...(eh si, in questo senso nella nostra arte “rubare” dai grandi cantanti è un po' come studiare, è stata una scuola anche questa). Alle prime prove di sala ero attentissima e tutto è andato bene.
E poi è andata benissimo anche la prova col maestro Sanzogno che dirigeva l'Opera.
Io facevo una piccola parte, il mio ruolo consisteva in una sola frase: interpretavo una suora (sorella Mathilde n.d.r.). Dicevo: “ HANNO SUONATO ALLA PORTA DELLA LAVANDERIA”. E mi ricordo che la regista Margherita Wallmann mi aveva messo un po' dappertutto perché ero giovane, scattante e piena di vita nonostante avessi una sì piccola parte. Mi sembrava di aver cantato tanto...
C’era anche Poulenc alla prima! A noi sembrava un fatto normale, ma a ripensarci oggi...!
Mi chiamava “la mia piccola suor Matilde”.
Ci ha pensato il 26 gennaio dello scorso anno, cinquant'anni dopo?
No, perchè non ho ancora smesso di cantare. Per me non è ancora il tempo delle commemorazioni, anche se in Giappone mi hanno festeggiato in un modo incredibilmente caloroso! Fino a che il Padre Eterno mi dà la voce e la forza per cantare vado avanti per chi crede ancora in me e vuole ascoltarmi e quindi non penso al passato.
A che età ha cominciato a studiare canto? E' stato un suo desiderio o vi è stata indirizzata?
Sono stata indirizzata. Poiché riuscivo molto bene nella pittura e nel disegno i miei genitori volevano farmi fare il liceo artistico. Ma il mio insegnante di canto corale (che all'epoca era tra le materie scolastiche) mi faceva sempre cantare le parti solistiche. Un giorno mandò a chiamare mio padre e gli consigliò di farmi continuare nello studio del canto perché diceva che avevo una voce assolutamente da curare … e quindi ho cominciato a 15 anni.
Quando ha capito di possedere una voce “importante? Chi ha scoperto il suo talento?
Sono andata per gradi … non pensavo se avessi più o meno talento. Sono andata a scuola di canto perché mi piaceva, poi sono stata affascinata fin dalle prime lezioni e mano a mano mi sono appassionata sempre più, anche alla Musica in generale, non solo al canto.
Chi è stata la sua insegnante a Torino?
Ho fatto l'esame di ammissione al Conservatorio, che era a numero chiuso, i posti erano pochi. Nella graduatoria sono risultata una delle prime.Mi hanno quindi affidato a Paola della Torre, che è stata la mia prima insegnante: con lei ho studiato 5 anni.
Come si studiava allora in Conservatorio?
Si facevano due ore alla settimana di lezione tra esercizi e arie.
Ho studiato molti Lieder e soprattutto moltissime arie antiche: per cinque anni ho cantato solo arie antiche.
Per cinque anni in Conservatorio non ha mai avvicinato l'Opera?
No! Mi sono accostata all'Opera solo dopo, quando ho fatto un concorso alla Scala e nella circostanza mi hanno invitata a studiare una parte.
Ricorda cosa ha cantato all'esame di Diploma?
No, ma ricordo l’aria dell'esame di ammissione: era il “Libro santo” (romanza per canto e pianoforte di Ciro Pinsuti su poesia di Carmelo Errico n.d.r.) che una volta i compositori scrivevano per le nobildonne come dedica e che avevo già cantato alla festa del mio paese.
Era l'unico pezzo che conoscevo...
Da Torino è poi andata a studiare a Milano: com'è avvenuto questo, cioè chi l'ha consigliata di andare alla scuola di Perfezionamento della Scala?
Prima di andare a Milano sono stata a Vercelli per qualche mese per studiare al “Viotti”.
A Vercelli mi ha sentita il maestro Campogalliani, che era anche insegnante della Scala. E' lui che mi ha consigliato di fare l’audizione per la Scuola di Perfezionamento della Scala perché riteneva che fossi pronta e preparata anche musicalmente. E' stato lui stesso a iscrvermi all'audizione e sono stata presa subito.
Un ricordo del maestro Campogalliani: Cos'è, oltre naturalmente la preparazione e la competenza, che faceva di lui un insegnante così speciale?
Insegnava l’interpretazione delle Opere nel senso più completo del termine, quello che faccio io adesso nei miei corsi. Ti faceva “entrare” nel personaggio. Lavorava con pazienza e meticolosità … Per l'audizione mi ha insegnato l'aria di Azucena dal Trovatore “Condotta all'ara in ceppi” e l'aria dal “Sansone e Dalila”. E così ho vinto il concorso per entrare alla Scuola.
Il primo vocalizzo quando iniziava la lezione.
I vocalizzi non me li faceva fare, li facevo io da sola.
E che vocalizzi faceva?
Facevo la scala di settima, di nona, non c'era un vocalizzo in particolare. Tra l’altro io sono del parere che ogni allievo debba crearsi un esercizio di vocalizzo apposta per lui. Non importa quale vocalizzo si esegua ma come si esegue. Tutti i vocalizzi possono essere validi, inutili o addirittura dannosi.
Ci faccia un esempio pratico.
Se un cantante stringe troppo un suono deve fare una vocale aperta e viceversa … quindi curare le proprie problematiche.
Ritiene sia stato fondamentale essere stata ben guidata oppure crede che una voce “prepotente” come la sua si sarebbe comunque imposta?
Non saprei.. posso dirle che la mia prima maestra era molto prudente, non mi faceva andare mai più su di una certa nota perché ero giovane e voleva preservare la mia voce. E devo dire che è stato un bene.
Forse per questo è facile oggi imbattersi in cantanti promettenti che si bruciano in pochi anni perché cioè chiamati a ruoli importanti troppo presto…lei ha fatto la "gavetta" nonostante fosse pronta.
Quattro - cinque anni di Piccola Scala, di opere barocche…di piccole cose. Studiavo ed ero contenta anche così , non ho neanche preteso poi tanto: a me bastava stare in mezzo alla Musica.
Gli studi scientifici che si sono condotti in particolare negli ultimi vent'anni sulla voce e sulle strutture che concorrono all'emissione del suono hanno fatto sì che gli insegnanti più moderni si esprimano oggi in maniera differente rispetto al passato.
Eppure quando lessi per la prima volta, pochi anni fa, il trattato di Antonio Garcia mi sembrò sorprendentemente attuale e lo è ancora oggi.
Possiamo fare qualche breve esempio di come si spiegavano alcuni aspetti fondamentali del canto?
Ad esempio: la respirazione e il diaframma.
Io sono una persona d’istinto e sono semplice nelle mie considerazioni : per me da quando esiste il canto esiste solo un modo di cantare ed uno solo di correggere la voce.
Io non so se chi canta debba pensare alla laringe, ai risuonatori ecc..secondo me bisogna pensare meno ed essere più naturali possibile, quindi bisogna semplificare.
La mia maestra neanche mi diceva come respirare, diceva solo di respirare con naturalezza che tutto sarebbe andato bene! Puoi avere anche molte conoscenze scientifiche ma se cominci ad irrigidirti, il fiato non esce.
C'è anche una grande componente di tranquillità e naturalezza che ti dà sicurezza nell'esibizione.
Quindi era tutto basato sulla scoperta della voce naturale: il tanto temuto “passaggio” non si studiava?
Io ho dei passaggi ai quali dopo 50 anni ancora penso... perché il passaggio è la difficoltà assoluta della voce… bisogna continuare a curarlo sempre finchè si canta.
E gli acuti?
Non mi sono mai costati fatica, ce li avevo per natura! Infatti potevo cantare anche da soprano e l’ho anche fatto.
Ma avendo cominciato come mezzo soprano mi sono affezionata ai miei ruoli e poi non ho avuto più nessuna velleità di cantare quelli da soprano.
Riceviamo moltissime lettere di ragazzi che non trovano una guida cui affidarsi, disorientati e spesso scoraggiati.
Secondo lei quanto conta avere un bravo insegnante?
L'insegnante deve essere come il medico: ogni cantante ha il suo male... deve essere intuitivo e capire l' allievo: quindi l’intuizione è la dote più importante.
Mi scusi la digressione nella mia esperienza di studio, ma mi è venuto in mente che il mio Insegnante di Pianoforte, Carlo Bruno, diceva anche che i medici più bravi sono quelli che curano i malati più gravi...
Un'altra domanda che spesso ci viene posta: se sia possibile studiare “da soli”.
No, perché da soli non si riesce a capire il difetto delle propria emissione… si continua a cantare secondo la propria inclinazione. L’insegnante è lo SPECCHIO dei difetti (ma anche dei pregi) dell'allievo! E' uno strumento che ti consente di ascoltarti con orecchie esperte che, da studente, non puoi ancora avere!
Torniamo a Fiorenza studentessa di canto. Giacomo Lauri Volpi nei suoi scritti* ha sostenuto che tutte le voci hanno UNA nota particolare, ostica, diversa dalle altre: è d'accordo?
Nella tessitura della sua voce, molto ampia ed estesa, qual è stata la zona in cui ha dovuto lavorare di più?
Quella nota è la nota di passaggio di registro, certo.
Nella gamma della mia voce ho dovuto lavorare dal medio all’acuto che per noi mezzo soprani è la più difficile da curare e studiare.
Torniamo a Fiorenza allieva della Scuola della Scala. Cos'è avvenuto quando ha finito il corso?
Appena finita la scuola avevano bisogno del doppio di Fidalma de “Il matrimonio segreto” di Cimarosa. ho studiato la parte con un maestro della Scala e sono partita subito (erano trascorsi appena 15 giorni dall'audizione per entrare alla scuola) per il Sud Africa, non avevo ancora vent'anni.
Quando siamo tornati la scuola della Scala era chiusa per mancanza di sovvenzioni e quindi i tre migliori (tra cui me) siamo stati presi in teatro per le piccole parti, per i doppi...
Quando e come ha capito di essere padrona della sua voce e di poter cominciare ad affrontare ruoli importanti?
In verità: mai!
Per me la voce era una cosa naturale e quindi cantavo con semplicità per la gioia di cantare.
Non ho mai fatto questa considerazione. Forse era destino, forse lo meritavo...
Ringrazio Dio per il dono del la voce che ho saputo far fruttare grazie allo studio. Ho studiato tanto...
Che ricordo ha di quel periodo, quando cantava da comprimaria, come si sentiva: impaziente, fiduciosa, sentiva che prima o poi sarebbe arrivato il “Grande Giorno”?
Non ci pensavo, ero contenta così.
Quando ha capito che avrebbe potuto intraprendere una carriera importante?
Quando mi hanno preso subito alla Gande Scala affidandomi il “Musico” della Manon Lescaut, il direttore era Gavazzeni e nel cast c'erano Clara Petrella e Giuseppe Di Stefano, si immagini ero un po’....mi sentivo come un pesce fuor d’acqua pero’ ero contenta di cantare quella piccola parte che a me sembrava una grande cosa: amavo la musica qualunque cosa facessi.
Quella carriera che l'avrebbe portata da lì a poco ad inaugurare la stagione della Scala di Milano nel ruolo di Azucena ne "Il Trovatore" accanto a Franco Corelli, Ettore Bastianini, e Antonietta Stella: ed è stato quello il momento più importante, vero?
Certo.
Secondo lei da cosa è dipeso una così alta concentrazione di belle voci e di grandi cantanti in quegli anni: una stagione d'oro mai più tornata e forse irripetibile?
E poi, erano quasi tutte voci italiane!
Credo dal modo di studiare e dal fatto che in Italia si prediligessero le belle voci naturali che magari però avevano bisogno di essere educate. Oggi non c'è più una vera cultura del melodramma in Italia, si preferiscono voci meno importanti ma più preparate, forse per la fretta di cui sopra...
Come definirebbe la sua voce?
Non saprei. Io amo la mia voce perché mi ha dato tante soddisfazioni…se dovessi usare un aggettivo la definirei “FLESSIBILE E DUTTILE”. Andavo sugli acuti come sulle note gravi cantavo le parti dolci come l’Adalgisa nella Norma e poi potevo dilettarmi anche in parti verdiane di grande drammaticità. Riuscivo a realizzare tutte le sfumature della voce, grazie anche allo studio che è stato il mio modo di rispettare e di ringraziare Dio per il dono di natura che ho ricevuto.
Le principali caratteristiche dell'interprete?
È una cosa che si sente istintivamente .. io dovevo essere convinta del ruolo per poterlo interpretare altrimenti mi irrigidivo e non lo cantavo…dovevo essere in simbiosi coi miei personaggi.
Quale autore ha sentito più “in sintonia” col suo temperamento musicale e con la sua vocalità?
Sono tanti perché ho cantato con successo tanti autori …Sicuramente Verdi su tutti: Amneris (personaggio dell'Aida n.d.r.) e Azucena (de "Il Trovatore" n.d.r.) mi hanno dato moltissime soddisfazioni.
E qual è il ruolo che ha reso più “felice” la sua voce, cioè quello in si è espressa vocalmente al meglio?
Oltre alle già citate Amneris e Azucena anche Leonora nella Favorita: lì la mia voce si sentiva, come ha detto lei, felice.
Conosciamo un po' anche la “donna” Fiorenza Cossotto.
Lei ha condiviso per tanti anni vita e professione con il basso Ivo Vinco: cosa significa per una cantante stare insieme ad una persona sia nel privato che sulla Scena ?
Non è poi così facile perché i problemi dell’uno diventano anche dell’altro: si soffre e si gioisce due volte.
Non è facile ma bello perché stare vicino ad una persona che ti capisce artisticamente è già una grande cosa.
C'è stata mai “competizione” tra di voi?
No, perché cantavamo ovviamente ruoli differenti.
Non essendo nel suo cuore non posso saperlo fino in fondo … per quel che mi riguarda: no.
Lei è anche mamma, ha avuto un figlio. Ha scelto il momento per averlo o ha lasciato fare al destino?
Assolutamente ha deciso il destino.
Secondo lei avere un figlio e arricchisce la donna ma ostacola la carriera?
Arricchisce sicuramente, e molto, ma non solo la donna, anche l’artista!
Chiudiamo questa nostra lunga chiacchierata parlando di Fiorenza Cossotto insegnante.
Lei è uno dei nomi più prestigiosi che prenderà parte a New Opera Ischia 2009.
Le piace insegnare?
Si, molto: mi affascina.
Come trova gli allievi cantanti di oggi: si sente dire spesso che non sono disposti a sacrifici e a studiare per lungo tempo e minuziosamente come si faceva una volta, Qual è la sua esperienza in questo senso?
Quelli che non fanno sacrifici, sono coloro che non avranno una carriera lunga...
Come giudica il progetto di New Opera Ischia, una vera e propria “facoltà” di Opera lirica che dà la possibilità di venire a contatto con grandi personalità della Lirica internazionale?
La trovo un'iniziativa bellissima ed entusiasmante: dovrebbero essercene tante come questa!. Molta gente studia solo nei Conservatori (dove sappiamo che non si impara poi mica tanto..). lL Conservatorio è solo un punto di partenza. Ma dopo: che succede? Dove fanno il perfezionamento, master con cantanti che hanno vissuto e conoscono la vera realtà del teatro? A New Opera Ischia questo è possibile: quindi una splendida iniziativa che giudico indispensabile per chi vuol fare davvero il cantante.
* Giacomo Lauri Volpi “Voci Parallele” - Bongiovanni editore Bologna
I ringraziamenti a Fiorenza Cossotto non sono di prassi ma profondamente sentiti: aver accettato di rispondere a tante domande , la disponibilità, la cortesia e la schiettezza con cui l'ha fatto, rendono questa intervista unica e preziosa.
Non solo per il prestigio che conferisce a www.cantarelopera.com ma per le emozioni che di sicuro proverà chi leggerà le sue parole, così come è successo a me: grazie a lei ho sognato di vivere (lei che invece l'ha vissuta davvero), l'atmosfera di stare accanto a Corelli, Di Stefano, Leyla Gencer, Clara Petrella, di essere diretta da Gavazzeni, di vedere Poulenc assistere ad una prima esecuzione assoluta, di aver fatto lezione con il M° Campogalliani...
Personalmente poi averla conosciuta è un grande onore, oltre che un' esperienza felice.
Ringrazio di cuore anche Salvatore Iacono che mi ha messo in contatto con la Signora Cossotto.
Antonella Neri
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