Intervista a Giovanna Canetti
Incontro molto atteso, questo con Giovanna Canetti, tra le più autorevoli e apprezzate didatte italiane.
Moltissimi i suoi allievi che hanno intrapreso una carriera internazionale, Barbara Frittoli forse la più conosciuta, testimonianza reale dell’Insegnamento dello strumento più difficile, misterioso, e per questo, tra tutti , il più affascinante: la voce.
Giovanna Canetti, diplomata con lode in Pianoforte a Firenze e in Canto al Conservatorio di Milano, Istituzione presso la quale è titolare di una cattedra dal 1980.
Il suo percorso di formatrice inizia prestissimo: nel 1976 è già docente di “Studio di scena” alla Scuola dell’As.li.co, poi all’Accademia del Teatro alla Scala e in numerose e prestigiose Istituzioni nazionali e internazionali.
Particolarmente attenta anche alle problematiche legate all'uso professionale della voce, è presente in numerosi Convegni a tema scientifico-didattico.
Giovanna Canetti terrà una Master class per New Opera Ischia dall’8 al 13 settembre prossimi.
Nella breve conversazione che ha preceduto questa intervista la Signora Canetti ha fatto un’osservazione che, come una pennellata, dipinge in un sol gesto la figura del “bravo insegnante“: “Ogni allievo ha le sue peculiarità e l’insegnamento deve adattarsi alla persona specifica, non il contrario, naturalmente fatte salve le fondamenta del canto lirico: respirazione, appoggio, risuonatori. ”
Molti sono gli argomenti che mi piacerebbe affrontare, ma ho deciso di farmi voce delle tantissime lettere di giovani studenti che ricevo nella mia rubrica su www.cantarelopera.com, per la gran parte sintetizzabili nella domanda: “Sto seguendo la strada giusta, sto studiando bene?”
Non scenderemo nell'analisi di elementi tecnici basilari (e naturalmente molto interessanti: posizione della laringe, uso del diaframma, ecc.) perchè se ne scrive e se ne parla tanto, mentre ritengo, e spero che la Signora Canetti sia d'accordo con me, che siano argomenti da trattare “sul campo”, concretamente, a lezione.
Proviamo quindi a tracciare il percorso di studio “ideale” del futuro cantante lirico a partire dagli inizi.
Signora Canetti, le generazioni di oggi, specie per quel che riguarda il sesso femminile, sono a sviluppo più precoce di un tempo: qual è l’età giusta per iniziare lo studio del canto lirico per una voce femminile e per una maschile?
Sì, è vero, le giovani generazioni hanno uno sviluppo più precoce rispetto ad un tempo .
Ritengo comunque che mediamente iniziare l'età giusta per iniziare lo studio del canto sia intorno ai 18 anni per le donne e 20 per gli uomini
Comunque dipende da caso a caso.
Quanto tempo ci vuole per “classificare” con certezza una voce?
Ci sono voci facilmente classificabili, altre vanno studiate: captarne l’inclinazione o le difficoltà, che però se ben guidate possono facilmente essere superate.
Il primo anno di studio è fondamentale: spesso ciò che si impara nel primo anno rimane per sempre. A chi mi scrive io dico sempre che è per lo più un anno del “pensare” e dell’”ascoltare” più che del cantare. E' d'accordo?
Sono d’accordo che l’inizio dello studio sia fondamentale, se si apprendono concetti e abitudini errate è poi difficile farle dimenticare e cambiare (questo anche se lo studente è volenteroso e ha buona capacità di apprendimento).
La voglia di sperimentare è fortissima, specie in chi non conosce ancora il proprio strumento. Manuel Garcia parla di 5 minuti alla volta... Cito testualmente*: “ne' primi giorni di studio non si applichino gli allievi agli esercizi per più di cinque minuti consecutivi, i quali minuti potranno tuttavia essere rinnovati quattro o cinque volte al giorno, sempre però a grandi intervalli...”
Quante volte a settimana è necessario andare a lezione in questo primo anno?
Il primo anno può essere utile fare due lezioni alla settimana, ovviamente non un’ora di seguito, ma 5/10 minuti intervallati dallo stesso tempo – o più – di riposo.
Talvolta ci sono studenti che si entusiasmano per le nuove conquiste: un bel suono appoggiato sul fiato, rotondo, l’estensione sia nella zona acuta che grave…..ma è bene spiegare e rispiegare loro che non devono esagerare!
La voce è un bene prezioso che va usato con intelligenza e tanta attenzione.
Dopo quanto tempo si acquisisce l’autonomia e una certa capacità di auto-valutazione necessarie per studiare anche da soli?
E’ piuttosto soggettivo: l’importante è insegnare bene a un giovane cantante come esercitarsi da solo: prima di tutto fare esercizi “di fiato”.
Si può “scaldare” la voce senza forzare inizialmente nè la zona acuta, nè la grave, quindi studiare un esercizio o un brano con attenzione sia musicale che "fisica". Anche il corpo dà degli “input” che a volte ci possono aiutare; quando viene percepita fatica vocale o fisica è meglio fermarsi e chiedere il perché all' insegnante.
Io trovo che sia in genere poco approfondito l’aspetto dell’ascolto della propria voce mentre si emette un suono. Lei cosa ne pensa? Ritiene che registrarsi e riascoltarsi possa essere utile per avere un’idea di com’è il suono “fuori” ?
Purtroppo per quanto attenti, non si riesce ad ascoltarsi al 100%, ma in parte. E’ utile percepire la facilità con la quale si emette un bel suono morbido o potente appoggiato però sul fiato: la correlazione respirazione/appoggio/risonanza.
Trovo che registrarsi sia utile, ci può far capire se la sensazione che noi abbiamo cantando corrisponda al risultato finale.
Immagino che anche lei faccia uso di uno specchio a lezione. La mia esperienza personale, ma condivisa da molti, è che è stato necessario molto tempo prima che lo specchio mi restituisse un’immagine reale: era lì, davanti a me, mi guardavo ma era come se non mi vedessi…perché è così difficile guardarsi allo specchio mentre si canta?
Lo specchio: in alcuni casi, specialmente i primi tempi, può essere utile a chi proviene da abitudini sbagliate. E’ importante che il giovane cantante si renda conto che fare smorfie e irrigidire la bocca non serve; capisca quando il suono è buono, guardando anche come atteggia il volto per “registrare” la posizione corretta dentro e fuori.Meccanicamente avviene tutto dentro: respirazione, fonazione, risonanza …. Ma cantare deve essere una gioia ed è importante trasmettere serenità anche a chi ascolta anche attraverso l'espressione del viso.
Vengo ad una domanda “inevitabile”: perché fanno tanta paura gli acuti? All'inizio degli studi rappresentano “l'ignoto”, ma anche più avanti continuano ad essere il “chiodo fisso” di tanti. Come mai?
Acuti ….nota dolente, moneta contante! A parte gli scherzi, un buon insegnante deve guidare l’allievo a “preparare” bene gli acuti e in taluni repertori i sovracuti; dare spazio al suono, perfetta intonazione e dosaggio – slancio del fiato senza gridare, lasciando libero il suono.
Ci sono elementi dotati di voci che svettano facilmente sull’acuto: in questi casi è giusto che tecnicamente sappiano come cantarli e non affidarsi solo alla loro naturale facilità.
Altre voci appesantiscono troppo la zona grave o la medio alta (magari non preparano il “passaggio”) e quindi faticano nel conquistare l’acuto.
Ripeto che ogni giovane cantante ha le proprie inclinazioni e le proprie difficoltà da superare, uno è diverso dall’altro.
Prima di dedicarsi al canto lei ha studiato il Pianoforte. Ritiene che lo studio (serio) di uno strumento, e in particolare del Pianoforte sia importante nella formazione del cantante?
Riguardo alla conoscenza di uno strumento, posso dirle che è un grande supporto; io mi sono diplomata giovanissima in Pianoforte – strumento che adoro – e che tanto mi ha aiutato nella carriera sia di cantante che di docente.
Sicuramente avere una buona preparazione musicale è una base importante, come pure lo è un corso serio di recitazione.
Scendiamo un po’ nel concreto.
Come si svolge la sua lezione di canto: con quali vocalizzi inizia e come suddivide lo studio?
Al Conservatorio “G. Verdi” di Milano – ove insegno da quasi 30 anni, la lezione inizia con un vocalizzo breve che inizialmente non salga, nè scenda troppo. Pian piano si affrontano vocalizzi più complessi e più estesi. Una lezione lavoro sul legato, sull’uguaglianza, “messe di voce”; la lezione successiva sull’agilità. Vocalizzi anche diversi uno dall’altro in base all’allievo che ho davanti e dalle necessità del momento.
Se lo studente è ai primi anni (corso inferiore) dopo i vocalizzi passo agli “studi”.
Poi arie antiche: prima vocalizzate, poi con parole. E’ giusto anche che i giovani artisti conoscano anche quelle splendide arie da camera dei grandi operisti che tanto ci insegnano (Bellini, Donizetti, Rossini, Verdi, ecc.).
Anche la conoscenza del Lied tedesco trovo sia utile a formare il gusto.
Secondo lei, dopo quanto tempo è possibile accostarsi al repertorio operistico?
Solo quando l'allievo comincia ad avere una tecnica solida, affrontiamo arie d’opera e successivamente lo studio di uno spartito intero che ovviamente si adatti alle caratteristiche del giovane cantante.
Lo studio dei recitativi: spesso trascurato.
Tecnicamente parlando, qual è l’aspetto vocale che si sviluppa e si affina studiando i recitativi ?
I “recitativi” sono – generalmente – uno scoglio per molti partendo da quelli del ‘700 per arrivare all’800 inoltrato.
Ci vuole tempo e pazienza, ma se lo studio viene fatto con grande precisione: giusto appoggio sul fiato, l’attenzione alla parola, stile perfetto …. Allora il risultato non può mancare.
I canonici cinque anni di Conservatorio (parliamo del vecchio ordinamento) sono sufficienti per poter completare pienamente la prima parte del percorso di formazione del cantante?
I canonici cinque anni di studio in Conservatorio (anche i piani di studio del nuovo ordinamento, che sono più completi, tendono a consolidare la preparazione musicale generale del cantante più che ad approfondire il lavoro sulla voce) forse possono essere sufficienti a conseguire un “Diploma”, ma il cantante non finisce mai di studiare, di perfezionarsi, di approfondire lo studio del proprio repertorio, sia sul piano vocale che interpretativo.
Poi …. Il palcoscenico è una grande scuola.
Concludiamo con una domanda "riassuntiva": tre elementi fondamentali che devono funzionare perfettamente nello strumento-cantante.
Il cantante deve avere una salute di ferro, tanta voglia di studiare, sempre, voglia di sperimentarsi, saper dire di no quando vengono proposti ruoli inadatti o nocivi alla propria vocalità.
Umiltà nello studio, ma quando si è sul palcoscenico consapevolezza e sicurezza dei propri mezzi lasciando così libero sfogo all’espressività, dote necessaria che un artista deve avere per coinvolgere ed emozionare chi l’ascolta.
Grazie alla Signora Giovanna Canetti per il tempo che ci ha dedicato, e spero di averla ancora ospite su www.cantarelopera.com, sicura che le sue indicazioni costituiscano preziosi spunti per tutti gli studenti di canto.
Per chi vuole conoscere da vicino la didattica e l'insegnamento di Giovanna Canetti, ne ha occasione prendendo parte alla Master Class che terrà dall'8 all'11 settembre prossimi a New Opera Ischia..
Giulia