E' con vivissimo interesse e una certa curiosità che incontro il Maestro Alessandro Patalini:
è colui che ha elaborato il METODO BASE DI RESPIRAZIONE PER IL CANTO, frutto di intensi studi nell'ambito del Corso di Alta Formazione Universitaria in “Vocologia Artistica” diretto dal Prof. Franco Fussi.
Gli studi condotti sulla fisiologia della respirazione e della voce hanno fatto sì che il M° Patalini sia stato insignito del 1° Premio di Vocologia Artistica 2007 – area didattica.
Successivamente il M° Patalini ha condotto una sperimentazione scientifica con la supervisione di una équipe medica di altissimo livello: il foniatra prof. F. Fussi di Ravenna; il foniatra dott. G. Brozzi e la logopedista dott.ssa Mazzocchi del Centro di Audiofoniatria di Spoleto; il fisioterapista posturologo Dott. O. Meli di Catania.
Annoverata da sempre tra i capisaldi della tecnica del canto e dell'uso artistico della voce, di Respirazione si è parlato e scritto molto:
anche in questo caso, come per tutti i temi principali della tecnica vocale, accade che le “scuole” non di rado siano in contrasto: si parla di diaframma , di Sostegno, di Appoggio ma spesso la confusione “regna”.
Solo per fare un esempio, nella “vecchia scuola” si invitava a "spingere" verso il basso.
Circolano racconti (reali) su insegnanti che facevano mettere una cintura stretta a vita bassa e molti altri che invitavano a spingere come per defecare, ma poi anche il contrario di tutto questo.
Altri insegnanti (mia esperienza personale) centrano tutto il lavoro sulla ricerca del suono e di respirazione non si curano affatto, cavandosela con un disinvolto “La respirazione deve essere naturale” che lascia spesso gli allievi in una situazione di incertezza e forte smarrimento.
Lo testimoniano il numero impressionante di domande che ricevo sull'argomento nella mia rubrica "Giulia risponde" (www.cantarelopera.com/Giulia/giulia_risponde.htm).
Qualche esempio: “Devo mandare l'aria anche dietro la schiena?”, “Devo mantenere l'addome il più ampio possibile?, “E' corretto usare anche gli addominali bassi?”, “Quando intervengono gli intercostali”?, “E' vero che sugli acuti devo far rientrare l'addome di scatto?”. “ E' vero che il diaframma incide sul vibrato?”
E così via...
Gli studi di Alessandro Patalini colmano finalmente, a mio parere, una grossa lacuna.
Perché, se è vero che, come per le altre componenti della tecnica vocale, molti grandi cantanti usavano (e usano) alla perfezione il meccanismo della respirazione, dell'Appoggio e del Sostegno, è anche vero che questo non garantiva e non garantisce che potessero e possano darne una spiegazione chiara e univoca.
Chi studia ha invece "urgente" bisogno di chiarezza, di certezze, di spiegazioni basate su di una vera e provata conoscenza del meccanismo respiratorio, senza per questo togliere spazio, insopprimibile, all'intuizione e alla sensibilità di ognuno, e alla magìa sempre latente nella felicità del "gesto" vocale.
Senza aria non c'è suono: dunque un tema di vastissima portata per quel che riguarda il canto e l'uso della voce.
Da non dimenticare infine che il Maestro Patalini è stato per dieci anni un cantante di livello, questo dà ai suoi studi un grande valore aggiunto: scongiura quella “medicalizzazione” del canto che è un rischio concreto quando a parlare di tecnica vocale sono illustri studiosi che però non si sono mai misurati “sul campo”.
Maestro, qual è stata la motivazione che l'ha spinta ad occuparsi di respirazione?
Innanzitutto vorrei fare una piccola, ma per me importante premessa: quello della respirazione è un argomento molto vasto e le mie risposte saranno necessariamente limitate ad un ambito generale, e anche gli esempi potrebbero lasciare insoluti i dubbi di molti lettori: possiamo dire che a livello di percezione personale, c’è una respirazione per ogni cantante…!
Venendo alla sua domanda, l’interesse per la respirazione è scaturito vedendo che i problemi vocali dei miei allievi si presentavano sempre associati a movimenti del “mantice respiratorio” evidentemente innaturali,
forzosi. Notavo che i problemi vocali diminuivano o scomparivano del tutto risolvendo quelli respiratori, allora ho deciso di voler capire quanto più possibile dell’argomento, in modo da offrire soluzioni efficaci e rapide che risolvessero le cause dei problemi, non fermandosi sulla superficie.
Quando sono cominciati i suoi studi sull'argomento?
Durante la frequenza del corso di Alta Formazione in Vocologia Artistica diretto dal prof. Fussi, a Ravenna. È stata una occasione di studio formidabile, per la presenza, sia fra i docenti che fra gli allievi, di personalità di ambito diverso: foniatri, logopedisti, cantanti lirici, moderni, e jazz, attori. Anche se non tutto quel che ho utilizzato per il Metodo Base di Respirazione per il Canto è venuto direttamente dalle lezioni, come per esempio la scoperta della straordinaria RPG (Rieducazione Posturale Globale) del prof Ph. Souchard, la incredibile fucina di stimoli del corso di Ravenna, è stata fondamentale per incoraggiarmi a dare una risposta alle mie ricerche.
E' d'accordo che tutt'oggi ci sia molta confusione nell'affrontare l'argomento RESPIRAZIONE?
Sì, purtroppo. Quel che è peggio, però, è che pur di non confrontarsi con la respirazione, in molte scuole si sta diffondendo una sorta di disinteresse, che in teoria ammette l’importanza della respirazione, ma nella pratica evita di affrontare l’argomento: non credo che si possa ritenere seria una qualsiasi didattica vocale che elude certi problemi.
Tutti gli insegnanti prestano molta attenzione all'inspirazione: quello che colpisce nel suo studio è che lei ponga in secondo piano la quantità d'aria incamerata.
Nel Metodo Base di Respirazione per il Canto la inspirazione è importantissima…ma le frasi da cantare non sono solo lunghe! Anzi, spesso e volentieri il cantante si “ingolfa” proprio in quelle brevi, perché prende troppa aria credendo che solo la quantità sia importante mentre la modalità della inspirazione è decisamente più importante. Infatti iIl rapporto fra fiato e voce si capisce solo accorgendosi che a seconda del “modo” in cui si inspira (ovvero dei muscoli che si usano, dei movimenti che si fanno), il cantante può trovarsi in una condizione ottimale per cantare, o in una condizione in cui cantare è praticamente impossibile.
Il diaframma: tutti ne parlano, molti lo “strapazzano” , pochi ne conoscono a fondo la fisiologia.
Al centro dei suoi studi c'è proprio la meccanica diaframmatica: in particolare lei sostiene che sia fondamentale rilasciare completamente il diaframma prima di iniziare una nuova inspirazione.
E' così?
Fisiologicamente qualsiasi muscolo si contrae in maniera ottimale a partire da un completo rilascio; dato che questo vale anche per il diaframma, non si può pretendere una efficace contrazione inspiratoria senza aver prima rilasciato le sue fibre muscolari. Va poi considerato che se il diaframma non si rilascia, non c’è espirazione, quindi si trattiene aria nei polmoni sottraendola al canto, che viene prodotto appunto con l’aria espirata. Le due azioni del diaframma vanno compiute entrambe “al meglio”, che non significa necessariamente “al massimo”! La qualità del movimento, ribadisco, è prioritaria rispetto alla quantità. Se poi si considerano le conseguenze sulla mobilità della laringe e del vocal tract (tratto o tubo vocale, la distanza tra labbra e laringe, n.d.r.) di un incompleto rilascio del diaframma, quanto detto sopra diviene ancor più importante, ma questo è un approfondimento che va oltre lo spazio di una intervista...
E' sempre possibile rilasciare completamente il diaframma?
Un esempio concreto della mia esperienza di studio: un'aria che mi ha messo in crisi, è quella dal "Don Giovanni "di Mozart "Or sai chi l'onore" (di Donna Anna), che (come se non bastasse da sola...) è preceduta da un recitativo importante.
La struttura di quest'aria è molto particolare circa la tessitura nella successione delle frasi e la dinamica delle stesse, e mette davvero a dura prova anche la più esperta delle cantanti: concitata, in tessitura progressivamente e sempre acuta, e con pochissimi momenti ove respirare "con calma".
Con molta pazienza “ho risolto a modo mio”, e ho capito, tra l'altro, una cosa fondamentale: che estrapolare una frase o una parte da un'aria difficile può essere utile allo studio, e può aiutare a comprendere alcuni dettagli tecnici, ma non garantisce una corretta ed "ergonomica" esecuzione se inserita nel suo insieme. E' infatti cosa normale riuscire a cantare isolatamente frasi o passi anche difficili,
o acuti, ma non è detto che la riuscita sia ugualmente buona quando gli stessi sono inseriti all'interno del brano.
Allo stesso modo, imparare a respirare correttamente e con i tempi "giusti" è "utilizzabile" anche in situazioni come quella che ho descritto, cioè a respirare in maniera completa quando tempo per respirare è pochissimo (il cosiddetto “fiato rubato”) o addirittura...non c'è!?
Potrei risponderle che è sempre NECESSARIO rilasciare completamente il diaframma per poi contrarlo solo quanto serve davvero, soprattutto in situazioni complicate, come quelle da lei descritte. Per ragioni neurologiche la respirazione è molto “sensibile” alle sollecitazioni emotive e sotto stress l’istinto ci spinge a rifornirci di aria più che a liberarcene. Dato che, ovviamente, non possiamo continuare a riempire i polmoni senza mai svuotarli, in condizione di stress i nostri cicli respiratori si accorciano sempre più e, anche se ci sembra di aver difficoltà ad inspirare, il problema è che non riusciamo ad espirare abbastanza.
Quanto al "fiato rubato", mi preme sottolineare che esso è uno degli obbiettivi principali del Metodo Base. Infatti, quando gli allievi raggiungono una buona capacità di rilascio del diaframma, effettuare una o più brevi prese d'aria senza ingolfarsi risulta molto facile e naturale. Va sempre considerato che ciò è il risultato di un apprendimento meditato e cosciente, che va in una direzione opposta a quella suggerita dall'istinto.
La concitazione musicale, che deriva da una tessitura impervia e dalla contemporanea richiesta interpretativa di una certa “violenza”, induce a limitare il rilascio del diaframma, rischiando di “stressare” la respirazione, tanto che il cantante, come forse è successo anche a lei (a me, sicuramente, è successo molte volte!), si “ingolfa” per aver troppa aria rispetto alle necessità. A livello fisiologico, ribadisco volentieri, ciò dipende dal fatto che cerchiamo di compiere una serie di contrazioni del diaframma senza curarci di rilasciarlo adeguatamente, e, di conseguenza, a cercare di inspirare senza aver precedentemente espirato! A livello respiratorio, il canto è una attività ciclica, fatta di azioni ripetute una dietro l'altra (la melodia strofica serve proprio a regolare la respirazione) che vengono esplicate al meglio se il punto di partenza e di arrivo, ciclicamente, sono il più possibile vicini. Per questo motivo alcune frasi, prese separatamente, anche con una respirazione istintiva risultano fattibili, mentre in sequenza l’una dietro l’altra diventano difficili, se non impossibili: la congestione polmonare e muscolare si somma progressivamente fino a ridurre la mobilità della laringe e del vocal tract e un problema della meccanica respiratoria si ripercuote sulla voce.
Se uno degli obiettivi del Metodo Base è favorire il rilascio fluido e completo del diaframma evitando di bloccarlo in una posizione forzata (si dice spesso che per evitare una risalita troppo veloce e quindi uno sgonfiamento troppo rapido dei polmoni bisogna opporre un lavoro muscolare “antagonista) quali sono i muscoli che devono “accompagnarne” il ritorno e consentire nello stesso tempo di regolare in maniera volontaria e adeguata la pressione sotto-glottica?
La risalita troppo veloce del diaframma e lo sgonfiamento troppo rapido dei polmoni sono causati dal fatto che il diaframma ha una corsa breve sia in contrazione che in rilascio, quindi è costantemente molto contratto ed esaurisce presto sia la capacità inspiratoria, sia la capacità espiratoria. Coloro che avvertono problemi di fiato, rifacendomi a quanto detto sopra, hanno un diaframma costantemente contratto, ovvero difficoltà ad espirare completamente e successivamente ad inspirare profondamente. Se si cerca di risolvere tali problemi di ipercontrazione del diaframma reclutando anche altri muscoli, la situazione peggiora, perché il mantice respiratorio si irrigidisce generando la costrizione della laringe e l’aumento della pressione sottoglottica. Con il Metodo Base di Respirazione per il Canto la espirazione veloce e violenta, e le sue ripercussioni sulla laringe, viene evitata ristabilendo la fisiologica ampiezza e fluidità dei movimenti naturali del diaframma. In questo concordo con i didatti che consigliano una respirazione “naturale”, ma solo se ricordiamo che non sempre si è capaci di compierla, perché non sempre il diaframma si trova nelle condizioni giuste per svolgere i suoi movimenti naturali. Avere una respirazione “naturale”, quindi, significa spesso dover riconquistare la naturalezza perduta con un training specifico.
Leggendo gli Argomenti sul suo sito (www.metodobase.it) lei sostiene che, essendo il diaframma, per così dire, “appeso” alla colonna vertebrale tramite fibre tendinee, anche le cavità di risonanza vengono danneggiate dal non completo rilascio del muscolo.
Questo perché, in una situazione di contrazione continua entrano in gioco, sia pure involontariamente, muscoli del collo e delle spalle che vanno a turbare l'intera postura con inevitabili ripercussioni negative su tutto il sistema fonatorio.
Può spiegare meglio questo squilibrio?
Nelle pagine che lei ha letto riporto le scoperte del Prof. Souchard, che con la sua Rieducazione Posturale Globale ha rivoluzionato l’approccio alla fisiologia umana, incentrandola proprio sulla meccanica del diaframma. Souchard evidenzia come attraverso il sistema sospensore (un insieme di fibre tendinee che collega il diaframma alla parte alta della colonna vertebrale), ad ogni inspirazione la contrazione diaframmatica tende ad esercitare una trazione in avanti del collo. Il mio intervento riguarda l’inquadramento di queste scoperte nella prospettiva del canto. Nel collo, infatti, ci sono la laringe e il vocal tract, quindi la trazione in avanti tende a far perdere alla laringe e al vocal tract l’allineamento adeguato alla libera produzione e fuoriuscita del suono e alla sua amplificazione. Quando la contrazione diaframmatica risulta costante (per la tendenza all’incompleto rilascio del diaframma), questo disallineamento diviene abituale e si verificano problemi vocali che però, a ben vedere, sono causati da un problema di tipo posturale-respiratorio.
Che la respirazione sia in stretta relazione con la sfera emotiva è cosa nota.
“Mi manca il respiro”, “Trattenere il fiato” “Un nodo in gola”, sono tutte espressioni che legano il respiro e la voce all'emotività.
In molti campi la respirazione profonda è usata per diminuire la tensione (penso alla prestazione sportiva, al controllo del dolore in sala-parto, ma anche il semplice “Prendi un bel respiro” detto prima di affrontare una situazione difficile).
In coloro che si sono “sottoposti” alla sperimentazione del Metodo Base, si è riscontrata anche una forte diminuzione dello stress da prestazione. Secondo lei respirare secondo il Metodo Base aiuta davvero a controllare l'ansia del cantante?
La netta diminuzione dello stress da prestazione artistica è stata evidenziata dalle risposte al test CSHI (Classical Singer Handicap Index), utilizzato già da anni dal prof. F. Fussi, e incluso nei parametri di valutazione della sperimentazione clinica sul Metodo Base di Respirazione per il Canto. La sperimentazione, d’altronde, è stata svolta sotto la supervisione di illustri professionisti proprio per avere dei riscontri oggettivi e non dei semplici pareri personali.
Scendiamo ancora nello specifico del canto: cos'è e come si realizza l' ”Appoggio” secondo il Metodo Base?
La domanda sembra semplice, ma richiede una risposta praticamente impossibile in poche righe, ma accetto comunque la sfida, e rispondo volentieri !
Grazie, ne saranno lieti molti cantanti!
L’appoggio è la condizione di allineamento posturale, derivante dalla corretta respirazione, grazie alla quale il cantante avverte un profondo e naturale ancoraggio a terra ed una completa rilassatezza della laringe che esclude ogni sforzo vocale, grazie al fatto che la forza di gravità terrestre lo attraversa facendolo sentire “un tubo vuoto”, per usare una splendida espressione di Luciano Pavarotti. Pur essendo necessario approfondire l'argomento, posso dire che nel Metodo Base di Respirazione per il Canto, il diaframma, a seconda delle esigenze di pressione sottoglottica, può contribuire sia passivamente che attivamente al raggiungimento e mantenimento di questa condizione “appoggiata”, ovviamente escludendo ogni irrigidimento che, come sanno tutti i cantanti, chiude la gola, turba l’equilibrio posturale e genera il senso di sforzo vocale.
Qual è la differenza tra “Appoggio” e “Sostegno”?
Un corretto appoggio, allineando il corpo del cantante, permette che i muscoli dell’addome comprimano gradualmente i visceri e facciano risalire il diaframma inducendo il suo rilascio e quindi aiutando la espirazione. Va sempre considerato, infatti, che il diaframma tenderebbe a “cadere” verso il basso, perché è attaccato ai visceri che sono attratti dalla gravità terrestre e quindi per avere una espirazione completa, c’è bisogno che esso sia accompagnato verso l’alto dall’azione di sostegno. L’appoggio quindi, segue la forza di gravità terrestre, il sostegno va in direzione contraria ad essa, proprio come suggerisce il loro significato lessicale. È chiaro che queste descrizioni acquistano piena validità solo se si ha modo di sperimentarle, e i corsi del Metodo Base servono a ciò!
Durante la sua carriera di cantante ha avuto la possibilità di osservare da vicino grandi artisti: è possibile cantare ad alti livelli senza respirare correttamente?
Tra coloro che ho avuto la fortuna di poter osservare da vicino, alcuni ancora in carriera, altri che la hanno lasciata da poco (Kabaiwanska, Carroli, Martinucci, Serra, Dara, Blake, i primi nomi che mi vengono in mente), ognuno aveva un suo modo di respirare, come credo sia normale nel caso di cantanti che le regole le fanno da sé più che seguirle, e lo descriveva in maniera personale, ma sono sicuro di una cosa in generale: non ho mai visto rigidezze, blocchi del diaframma, manovre forzose di muscoli accessori!
Delle varie scuole di canto del passato qual è quella che, a suo parere, si avvicina di più ad una respirazione corretta?
Ho una ammirazione incondizionata per alcuni artisti dei primi decenni del secolo scorso: Beniamino Gigli, Toti dal Monte, Pasquale Amato, Luisa Tetrazzini, Mattia Battistini, cantanti che gestivano il fiato con grande naturalezza e fluidità, senza fare della lunghezza del fiato la loro esclusiva priorità: anche se prendevano fiato spesso, non si ingolfavano mai!
Nel loro canto si avverte, nonostante le precarie condizioni delle registrazioni, una completa identità fra flusso di aria e suono, pronuncia limpida e assenza di certe esagerazioni interpretative che spesso nascondono rigidezze di gola che, come si sarà capito dal resto della nostra conversazione, a mio parere
derivano proprio da un uso scorretto dei movimenti della respirazione!
|